Quella notte era buia con le stelle incombenti e nessun'auto disturbava noi giovani che, mentre passeggiavamo e cantavamo verso il bivio di Toleto, notavamo improvvisamente dietro un tornante i lavori per la costruzione dell'Albergo Ristorante "Ceresola" dei fratelli Ricci.
L'anno seguente, l'8 Maggio 1967 giorno dell'inaugurazione, posteggiavo la Bianchina familiare davanti alla scalinata ed incuriosito entravo timidamente nel bar nuovo fiammante.
Chiusa la porta mi salutava subito una ragazzina carina, magrissima e pallidissima..era la Mara di 14 anni...si propio la Mara quella signora vivace e volitiva che oggi, un po' per lavoro e un po' per hobby, parla in continuazione dalle 7 alle 24 e tace solo per permettere qualche ora di riposo al marito e ai figli.
A lei che ama ricordare, con qualche sottointeso, che rimasi impalato mentre faceva i caffè, affermo che sicuramente fui colpito dal suo brio e dalla sua spontaneità ma il vero "colpo di fulmine" lo presi per le numerose tartine che variopinte mi stuzzicavano "a gratis" e che a Cimaferle erano una novità assoluta.
Poco dopo le bandiere garrivano sui pennoni mentre il posteggio, tra i tanti motorini, si riempiva non solo di Fiat 500 ma di 124, 125, Fulvie Coupè, Flavie, Ford Capri, oltre che di gloriose Mini Minor che scaricavano una clientela eterogenea fatta di famiglie con figli di ogni età ma anche di coppie di giovani e anziani che andavano ad animare le due grandi sale da pranzo, una meravigliosa terrazza, e la leggendaria tavernetta discoteca.
Papà Sergio, con il grembiulino di ordinanza, faceva di tutto ma amava fermarsi quell'attimo per una battuta ironica ma sempre bonaria accompagnata da quel sorrisino accattivante e furbetto.
In sala macchine cioè in cucina, al comando, c'era la mamma, chef Giulì, e lì non si scherzava perchè da lei donna autorevole e decisa, quando il Ceresola viaggiava a trenta nodi, era meglio stare alla larga mentre la sue fettuccine alla "boscaiola" spopolavano.
La zia Amelia sbucava ovunque e giocava il ruolo di responsabile della sicurezza perchè, con cipiglio, faceva il lavoro che oggi fanno dieci telecamere.
La fauna dei clienti era di varia umanità: c'era il tipo come Sergione Ivaldi che frequentava il bar come base d'appoggio per incursioni in altri luoghi e al ritorno chiedeva una birra ad un Sergio esausto che dopo avergliela servita si metteva a chiacchierare curioso di sapere da lui le ultime novità.
C'erano i "playboy", o presunti tali, come lo zio Mario che con l'occhio a mezz'asta tipo "coccodrillo" puntavano sistematicamente tutte le donne che entravano e i loro risultati saranno sempre "top secret".
C'era la coppietta che in una tavernetta ormai deserta, tra le piccole botti a mò di sedie, ballava stretta stretta al buio e alla musica del "jukebox" e Sergio piombava improvvisamente alle loro spalle e accendendo le luci e battendo le mani li invitava a sgomberare come avrebbe fatto con i polli.
Si chiacchierava e si rideva, si giocava a carte, si faceva uno spuntino a tutte le ore, si brindava sulla terrazza nelle caldi notti d'estate e ci si sprofondava sui dondoli con la colonna sonora splendida e immortale di quell'epoca.
Certo, dopo la mezzanotte, la nonnetta della camera 10 protestava in Direzione per la musica dei Rolling Stones...ma perchè preferiva quella dei Beatles!
Basta, è una valanga di personaggi e di nostalgia, non ne posso più.
Che bella Italia!